I tentacoli del polpo svelano i segreti per la “soft robotics”

Che la robotica stia facendo passi da gigante negli ultimi anni e che, in futuro, le interazioni tra persone e robot saranno sempre maggiori non è certo un mistero, e le innovazioni che possono essere utili in questo campo possono arrivare anche da settori insospettabili.

È notizia di pochi giorni fa, infatti, che la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova stiano studiando la mobilità dei polpi per trarne indicazioni per lo sviluppo di robot “morbidi”, in grado di interagire con l’uomo nelle funzioni che richiedono maggiore delicatezza, come l’utilizzo nelle case, nelle industrie o negli ospedali. Gli studiosi, infatti, stanno indagando i segreti che rendono i tentacoli flessibili e le ventose efficienti tramite l’uso di un microscopio elettronico raffreddato a -180 gradi, per poterli poi riprodurre nella creazione dei robot. L’obiettivo, dicono gli scienziati, è “descrivere quello che l’evoluzione ha differenziato nel tempo e per cercare di riprodurlo in dispositivi robotici”.

La ricerca è cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del progetto “Octopus”, ed i suoi risultati sono stati pubblicati sulla rivista Microscopy Research and Technique. Grazie alle temperature bassissime a cui riescono a lavorare questi particolari microscopi, è stato possibile analizzare i campioni nel loro stato naturale idratato. I ricercatori, quindi, sono riusciti a vedere che lungo i tentacoli, sono distribuiti i pori che permettono di assorbire l’ossigeno e che nella struttura in 3D dei fasci muscolari che avvolgono il cordone nervoso centrale è descritto il meccanismo con cui si rinnovano le cellule della parte più esterna delle ventose, che entra in contatto con le superfici.

Questa ricerca ha permesso di arricchire la conoscenza sulla morfologia delle ventose e delle braccia del polpo, che consentono all’animale marino di esplorare l’ambiente, manipolare oggetti e ancorarsi alle superfici, in modo da poterne ricavare informazioni utili per realizzare nuovi modelli implementabili nel campo della cosiddetta “soft robotics“.

In questo modo, quello che l’evoluzioni ha differenziato nel tempo in natura, in futuro potrà essere la base da cui partire per un nuovo tipo di evoluzione, basato sulla conoscenza scientifica e su strumenti elettronici intelligenti.

Notizie da Rivamar